e non è che sia stato facile: mi ha lasciato comunque l’amaro in bocca. come le ultime volte che invece ci sono andato, ma di un sapore diverso.
si è trattato di lasciare andare l’illusione della democrazia rappresentativa. l’appartenenza alla categoria, e alla conseguente comunità, di quanti si riconoscono in questo patto sociale. rinunciare all’illusione di essere titolare di una parte del potere in quanto cittadino-che-imbuca-la-scheda. riconoscere uno strumento come inadatto allo scopo. e dopo rendersi conto di quanto poco rimanga.
e ancora, prendere atto di quanto sia diffusa la fede nella democrazia rappresentativa. perché di religione si tratta: di un gruppo a cui sono stato iscritto per essere nato in un certo luogo da genitori autoctoni. non per merito e non per mia scelta. una appartenenza che si pretende non possa essere messa in discussione: ho la libertà di votare per questo o per quello, o persino di candidarmi, ma non di non riconoscere il potere di che su questa scelta sostiene di fondarsi. certo è un passo avanti rispetto alla monarchia, ma non mi basta.
questo potere poi lo riconosco, ma per senso della misura e per praticità, perché esercita ancora un parziale monopolio della forza, perché gestisce un sistema burocratico di cui sono ancora abbondantemente utente.
la "democrazia" è sempre di più un’imposizione, una gabbia.
e in quanto tale prima o poi andrà stretta.
Commenti disabilitati su elezioni? non nel mio nome
È tempo di elezioni.
Tempo di amici che si candidano e ti chiedono di farlo.
O almeno di firmare per la loro lista.
Io, non vedo perché dirgli di si.
Non a questo o a quello, proprio al giochino della rappresentanza.
Non ci credo. non credo che la macchina della democrazia formale funzioni secondo le specifiche.
Men che meno secondo i requisiti.
È sotto gli occhi di tutti il funzionamento della macchina amministrativa nella sua materialità, fatto di programmatica assenza di stile, di linguaggi escludenti e soprattutto brutti, di mancanza financo del paravento di un’etica pubblica. E quindi di spregio delle regole, abuso di potere, clientelismo, tempo perso in discussioni che con grandissimo impegno evitano l’argomento…
Ma questo potete andare a farvelo spiegare da Travaglio. È tutta la vita che lo fa, avrà pur imparato qualcosa!
Il problema è un pò più grosso, è che non credo.
Non credo nei requisiti, nel patto sociale, nella convivenza, nella cessione di sempre più libertà in cambio di un molesto quieto vivere. Nel sublimare il desiderio di piacere in consumo e quello di libertà in voti associazionismo volontariato attivismo ribellismo.
No, questa non è una critica costruttiva.
"Critica costuttiva" è un eufemismo. Significa che accetti e riconosci il quadro concettuale ed ideologico in cui si svolge la discussione. In politica lo chiamano "riformismo", socialdemocrazia. O anche "combattere il sistema dall’interno". Percui non mi preoccupo troppo della sorte dei critici costruttivi.
Poi anch’io non mi smuovo, non ancora, dal mio sofà borghese, pratico solo una frazione di quello che dico e penso.
Ma almeno mi astengo dal riconoscere un patto sociale nel quale penso non ci siano possibilità. E fortemente sogno di andarmene.
Commenti disabilitati su un’elezione triste. per un voto modesto. one more.
c’è molto da imparare dalle lotte degli omosessuali.pur tenendo conto che è una spettacolarizzazione holliwoodiana, vale la pena di vedere Milk per farsene un’idea.
se i diritti non sono per tutti, allora non sono davvero diritti per nessuno.
se qualcuno attacca i tui diritti, o anche quelli di una categoria a cui non appartieni, che sia definita per nascita e non per scelta (ad esempio sulla base di caratteristiche somatiche, nazionalità, genere, orientamento sessuale), non c’è tanto da andare per il sottile: ti stà attaccando gratuitamente. stà minando la tua possibilità di vivere. stà sporcando il tuo habitat. ti stà facendo stare male. e me ne fotte molto poco di quanto sia figo il suo amico immaginario. stà imponendo la sua morale parziale su di te che non hai scelto di appartenere al suo club.
puoi soccombere alla perdita dei tuoi diritti, oppure reagire con decisione.
la scelta degli strumenti per reagire è un problema tattico.
quando, come spesso accade, ad attaccarti è una qualche forma organizzata (istituzione, religione, stato, partito…), allora su tutti quanti hanno scelto di fare parte di questa organizzazione hai il pieno diritto di avere il pregiudizio che sono tuoi nemici.
anche se stanno "combattendo dall’interno": sono tuoi nemici fino a quando la loro "azione dall’interno" non controbilancia la loro adesione all’organizzazione che ti stà attaccando.
e se in quella organizzazione ci sono non per scelta ma perché hanno ceduto ad una pressione, o perché ricavano dei vantaggi indiretti dall’aderirvi, comunque si stanno avvantaggiando del tuo malessere.
quindi sono tuoi nemici, e la cosa migliore che puoi fare per te stesso e per il mondo è chiamarli per nome, e comportarti di conseguenza.
italia, inizio 2009. il grosso della crisi economica – dicono – deve ancora arrivare. con il pretesto delle violenze sessuali, sdoganano le ronde. paventano continuamente militari e paramilitari "amici del governo" nelle strade. sgombrano pochi centri sociali rimasti. giro di vite sui diritti individuali, oggi tocca al testamento biologico. il Partito di Dio in agonia, il che è un bene, perché quando si decideranno a staccargli la spina smetterà di fare da tappo ad una parte delle forze potenzialmente conflittuali che sono rimaste. nel mirino lo straniero, il diverso. compressione della libertà di espressione nel mondo reale ed in rete. naturalmente, continua il lungo lavoro di attacco ai sindacati non totalmente corporativi.
chissà, prima o poi gli itagliani potrebbero anche reagire. meglio spiegargli prima cosa li aspetta se lo facessero:
se vi serve ancora un aiutino per risolvere il rebus, dovete pensare come il suo stalliere: cosa fareste se doveste avvertire qualcuno che non vi piace quello che stà facendo?
sono incappato in questo video, che contiene un passaggio illuminante.
se capite l’inglese, skippate fino a 04:50 e ascoltate. è inglese parlato da uno straniero, quindi di comprensione relativamente facile.
sennò, vi tocca accontentarmi della mia trascrizione.
"even your god commited rape with virgin mary. without her consent. " (anche il vostro dio ha commesso uno stupro sulla vergine maria. senza il suo consenso)
"[this story] proves that your god is a rapist" ([questa storia] prova che il vostro dio è uno stupratore.)
"jesus must be a bastard. it is certain he was not the child of joseph" (gesù era un bastardo, e di certo non era il figlio di Giuseppe)
"and just to cover up the whole thing, that great story has been invented" (e per mettere a tacere le cose, si sono inventati questa grande storia)
certo, non è fine parlarne, ma il tipo ha abbastanza ragione: mettere in cinta una donna senza il suo consenso, in lingua volgare, si chiama stupro. e quindi il mito fondativo della religione cattolica – del nuovo testamento, la parte più "moderna" e apparentemente meno legata all’arretratezza tribale – altro non è che uno stupro, con conseguente gravidanza, non voluta e fatta accettare alla vittima con l’inganno e la pressione sociale.
e poi vatti a chiedere perché i ministri di questa chiesa hanno una inspiegabile tendenza all’abuso sessuale…
questa considerazione diventa anche più affascinante – ed inquietante – alla luce del dogma della trinità (un gioco delle tre carte che la scienza moderna descriverebbe – con molta meno fantasia – come "disturbo da personalità multipla" ): la stessa entità è allo stesso tempo il violentatore (come "spirito santo" ) ed il figlio della violenza (gesù ), quello che ricorderà per tutta la vita alla donna di essere una semplice incubatrice, senza potestà su se stessa. e lei, insieme all’amore che ciascuna donna sviluppa istintivamente per il proprio figlio, accetterà ed amerà anche la violenza subita ed il suo attore.
la biologia usata per puntellare la violenza sociale di genere, magistrale!
non contento, uno potrebbe anche superare la visione ingenua della religiosità, e concedersi una sana ventata di materialismo dialettico. ovvero, vedere la religione come una proiezione simbolica dei poteri che governano la società umana, raccontata in forma di favola al popolo sottoposto al fine di fargli introiettare la struttura sociale data.
questo ci da che i poteri dominanti scelgono di plasmare la coscienza popolare intorno ad un mito di stupro accettato ed interiorizzato. ovvero di dominio sul corpo della donna.
e di uomo costretto nel ruolo di apparente potere di violentatore.
ovvero, spingono entrambe le parti di una delle relazioni sociali più forti e pervasive a plasmare le loro relazioni in termini di dominio e non di cooperazione. cosa che, quando si usavano meno schermi ideologici, si chiamava, pianamente, "divide et impera".
niente di nuovo sotto il sole.
e si capisce anche perché dalla chiesa arrivi una forte pressione alla procreazione ed alla costruzione di famiglie a prescindere da tutto, quando allo stesso tempo si suoi membri sono esentati da questa relazione. e come qualsiasi stato, a prescindere dalla sua sintonia o meno con le religioni, faccia altrettanto. e la società dei consumi. e l’immaginario dominante.
ci ero stato poche volte, ma sapevo quanto vale quel posto, il lavoro culturale che ha vissuto. eppure… era un punto di riferimento, una di quelle poche cose solide che ti fanno pensare che.
gli anni 00 sono passati senza neanche iniziare, cominciano con le mazzate a genova e finiscono con la pulizia etnica delle esperienze delle culture.
non so se li rimpiangerò.
e allora.. in qualche modo si reagisce. tra cui capita di leggere.
> Vorrei che tornasse Primo Moroni fra noi......
...
e no, non se lo merita questo affronto.
questa è la città di oggi, e oggi ci siamo noi qui. non lui.
questo è quello che abbiamo lasciato che succedesse. non lui. non tutti
quelli che che hanno fatto la loro se ne sono andati in un modo o
nell'altro.
e sarà anche parte di un processo storico, ma vien da piangere a ogni
pezzo vivo di città. di ogni città. che viene abbattuto.
perché ne rimangono sempre meno.
e soprattutto, perché il ricambio generazionale per questo tipo di
esperienze non so quanto.
ma
si continua a vivere
Commenti disabilitati su -cox18, primo. se n’è andato da mo’, lasciamolo
qui si va sul banale e sul già sentito, ma quando ci vuole ci vuole.
scrive tale Federico Casabella su un foglio stampato che alcuni pagano per leggere, o forse solo per avercelo sottobraccio, e che come business primario vende l’attenzione dei lettori ai suoi inserzionisti pubblicitari.
cita la dottoressa Alessandra Lancellotti, psicologo clinico genovese:
È stato provato scientificamente – racconta la dottoressa Lancellotti
– che le persone che hanno un proprio credo riescono ad avere difese
immunitarie più forti perché sviluppano noradrenalina ed endorfina
sostanze che stimolano la piacevolezza
facendo anche finta che questa affermazione abbia uno straccio di basi scientifiche, e che da qualche parte si sia definito cosa si possa intendere per "un proprio credo" e cosa no, la sintesi giornalista di questa affermazione, già di per sé vacua, diventa
«Chi crede in Dio vive più a lungo»
…
mah, sarà
che ogni essere umano fa storia a sé, ma da quando mi sono
disintossicato dal cattolicesimo, i miei ormoni vanno mooolto meglio.
un problema però potrebbe essere che alcune società arretrate discriminano chi
non si conforma ad un determinato modello di vita: sedicente appartenente alla religione maggioritaria,
lavoratore, consumatore, autodipendente, drogato di lavoro,
di televisione, di alcol, di cocaina, represso ed ipocrita, e quindi con una bella
zavorra di cose irrisolte.
come poi qualcuno abbia voglia di campare a lungo in questo modo,
non lo capisco, ma ognuno si fa del male come preferisce. forse è qui
che viene buona la “difesa della vita”, per scoraggiare dall’uso delle vie d’uscita più tragiche, quelle che potrebbero mettere in discussione il modello sociale?
quello che sicuramente capisco è che essere fuori da una o più di
queste norme sociali porta emarginazione, repressione e altre cose che fanno male
all’autostima. sicuramente non aiuta a vivere bene né a
lungo.
e allora dov’è la "difesa della vita" quando si spara a zero sull’amor proprio delle persone?
quindi quello che sostiene l’articolo è che finora, guardando i
“grandi numeri” e non le singole storie individuali, il modello sociale
oppressivo funziona.
Ma dove sono questi atei persone di plastica che ci accusano di essere?
Forse qualcuno ha bisogno della fede anche per alzarsi dal letto la mattina, prima del caffé e dopo la sigaretta. Contenti loro…
Beh, la buona notizia è che senza fede e senza religione si vive lo stesso, che lo si fa per il sapore di farlo, di conoscere persone, di costruire cose, di amare e di lottare.
Che per essere vivi non c’è per forza bisogno di avere una religione. Anzi, almeno per me è stato il contrario. Ma anche su questo – si sà – ognuno si faccia del male come preferisce.
Né per avere dei principi. Anzi forse il contrario, noi non abbiamo un ministro che ci perdona sulla base di una forza esterna e superiore, dobbiamo perdonarci ogni giorno i nostri sbaglie e debolezze, contando quando va bene sul supporto di altre persone o della cultura. O di uno specialista semmai. Ma quello ci tocca chiamarlo col suo nome: strizzacervelli.
E quando dobbiamo fare delle scelte difficili, o farci forza, come accade a tutti nella vita, siamo costretti a pensare con la nostra testa e a saper ascoltare il nostro cuore e la nostra pancia. E quando poi sbagliamo non ci sono amici immaginari da incolpare, la responsabilità è tutta nostra.
Questi sono, gli atei. E sono orgoglioso di essere così. È una cosa a cui ho lavorato, una mia scelta.
La reazione del vaticano è la solita alzata di
voce pretestuosa di una lobby che vorrebbe difendere un’influenza che
si stà perdendo.
Però mi risveglia però un dubbio.
Anzi, siamo onesti, e chiamiamola col suo nome: una domanda retorica.
Com’è che per l’affermazione e l’avanzamento di diritti essenziali
delle persone, per un piccolo passo avanti nel modo in cui
l’istituzione si approccia all’individuo, ai suoi rapporti sociali, al
suo ed all’altrui corpo, gli unici che si fanno sentire in modo
convincente sono i burocrati parlamentari di bruxelles, che probabilmente non si
rendono neanche troppo conto di quanto, almeno in itaglia, queste siano
aree di grossa frizione, e quindi danno per scontati diritti che qui
non lo sono?
E visto che ho fatto una domanda retorica, mi rispondo anche:
Vuol dire che in itaglia non siamo più in grado di fare vere lotte
sociali per la concezione della persona e del corpo. Che non c’è
riflessione collettiva e diffusa su questo. Che la gente non scende per
strada in massa a gridare che l’utero, il buco del culo, il pisello e
la pisella, il cervello… “sono miei e me li gestisco io!”.
Si, non ditemelo, vuol dire che siamo nel 2009 e non nel 1979, che
oggi i referendum sulla pelle, sugli organi, sulle vite delle persone si perdono. Anzi, abortiscono.
E vuol dire anche che, visto che l’unico modo di contenere
l’ingerenza vaticana, o meglio di arginare il fondo di cattofascismo di
cui l’itaglia non si è mai epurata, è aspettare che arrivi una bolla
imperiale da bruxelles, vuol dire che rischiamo di diventare sempre più
dipendenti dagli euroburocrati per far finta di vivere in democrazia.
Che è anche peggio. Allora tanto vale dirlo: questa non è una nazione democratica. Questa è una provincia del vaticano. E chi ha avuto il grande privilegio di nascerci ci ha fatto la tara. Si è rassegnato, lo accetta. Cerca di non pensarci, fa finta di niente, trova la sua scappatoia individuale. Spera di non essere lui quello che deve girare decine di ospedali e mezza penisola, minacciare denunce e gabibbi per un servizio che sarebbe garantito dalla legge.
Del resto, così vanno le cose.
Così devono andare?
è ora di essere duri, di difendersi, di sano egoismo.
se una persona ti disturba, prendi le distanze. se noti fastidio cosciente, oppure reazioni fisiche negative, forse è il tuo corpo che stà cercando di dirti qualcosa. somatizzare o perire.
se vuoi stare bene, devi tenere pulito lo spazio intorno a te. evitare persone e cose che hanno un’influenza negativa.
è un equilibrio difficile, una misura da trovare e mantenere.
no, non sei nessuno di speciale. no, non te la stai tirando. no, no sei "ingiusto" verso quelli che escludi.
però questa è la tua vita. e hai il fottuto diritto di viverla al meglio. punto.
certo c’è in giro tanta gente che non è cattiva, ma stà male. ma l’effetto è lo stesso.
dovrebbero insegnare a scuola a gestirli, altro che economia domestica!