posizioni pragmatiche sulla circolazione

La bicicletta è il perfetto traduttore per accordare l’energia metabolica dell’uomo all’impedenza della locomozione (Ivan Illich).

In città la bicicletta è il modo più rapido per andare da A a B se A e B distano da 1 a 5-10km, le pendenze non sono esagerate, il tempo non è troppo estremo, non si devono portare grossi carichi. Il limite superiore dei vari vincoli dipende dallo stato di forma fisica della persona interessate dalla adeguatezza della attrezzatura e delle infrastrutture, e tende a salire gradualmente con l’uso regolare della bici.

Piacere del movimento, attività fisica, connessione con il proprio ambiente, socialità, economicità, basso impatto ambientale rendono individualmente e socialmente preferibile l’uso della bicicletta a qualsiasi mezzo a motore.

Da un punto di vista meramente economico, la valutazione di tempo impiegato e costo del trasporto deve essere fatta in modo congiunto, considerando quanto il risparmio di usare la bicicletta invece che l’auto riduca la necessità di lavorare per procacciarsi denaro per pagare le spese dell’auto.

In un bilancio del tempo di vita, quello dedicato allo spostamento in bicicletta va considerato anche come tempo dedicato all’attività fisica. Va altresì considerato il risparmio economico dovuto al sostituire forme di attività fisica costose quali l’uso di una palestra con una non costosa come la bicicletta.

Muoversi in bici permette di evitare i picchi di concentrazione di inquinanti, scegliendo percorsi lontani dal traffico, restando meno tempo in coda e mettendoci meno tempo a percorrere il proprio tragitto, e di evitare la maggiore concentrazione locale di inquinanti che si verifica all’interno dell’abitacolo di un’auto.

La manutenzione ordinaria della bicicletta è alla portata di tutti per competenze e abilità manuali e attrezzature richieste, e porta i classici vantaggi di una attività Do-It-Yourself (risparmio, arricchimento personale, relax, indipendenza).

L’uso dell’automobile costituisce un importante contributo all’economia (acquisto, carburante, manutenzione, assicurazione, incidenti, riparazioni, costruzione e manutenzione di strade e parcheggi, consumo di territorio, espansione delle periferie, spese mediche, mancanza di esercizio fisico e quindi consumo di palestre, prodotti dimagranti, problemi di salute dovuti alla mancanza di attività fisica, malessere psichico e quindi consumo di vari tipi di droghe, psicoterapia, incidenti da malessere psichico). La maggior parte di questi contributi presentano cospicue esternalità negative sul livello di vita e di felicità, ma evidentemente il peso del contributo all’economia del dannoso prevale su quello del danno. In omaggio a tali considerazioni economiche, gli eletti si guardano bene dall’agire in modo incisivo per la riduzione dell’uso dell’automobile.

La circolazione delle biciclette si svolge spesso su infrastrutture condivise con mezzi motorizzati e da questi congestionate. I conducenti dei mezzi a motore sono spesso di cattivo umore a causa delle inefficienze e della mancata piacevolezza della loro modalità di trasporto (tempo perso, senso di impotenza, conflitti, costi elevati), e tendono a dirigere erroneamente il proprio malumore contro chi fa un uso più intelligente della strada e del proprio tempo. Questo comporta una generale noncuranza per la sicurezza dei ciclisti. Il ciclista è quindi costretto a misure di autotutela.

Il codice della strada prescrive che le biciclette, in ragione della loro minore velocità massima, debbano procedere “più vicino possibile al bordo della strada”. Questa prescrizione riflette un giudizio di valore deteriore basato sulla velocità massima, e se seguito alla lettera comporta seri rischi per l’incolumità dei ciclisti:

  • sportelli di auto parcheggiate a bordo strada
  • auto che si immettono nella circolazione guardando solo le auto in arrivo da dietro e senza dare la precedenza
  • auto che svoltano tagliando la strada al ciclista
  • auto che si immettono sulla strada da traverse o passi carrabili
  • auto che escono da una rotonda tagliando la strada al ciclista
  • sorpasso senza rispetto della distanza di sicurezza, o quando la larghezza della corsia non lo permette
  • in generale, gli automobilisti tendono a guardare con maggior attenzione davanti a loro che sul margine destro della strada, aumentando il rischio di non notare un ciclista

La tutela migliore rispetto a questi rischi è mantenere una adeguata distanza di sicurezza in presenza di potenziali fonti di rischio sul margine destro. Tale distanza varia tra 1m e 2m, in ragione della propria velocità.

I vantaggi di tale pratica compensano ampiamente il maggior rischio di essere investiti da dietro, considerando anche che spostandosi verso il centro della carreggiata ci si mette in condizione di essere visti più facilmente dai mezzi che arrivano da dietro.

Alcuni automobilisti potrebbero essere irritati da questa pratica, in quanto riescono a percepire solo che la loro velocità massima viene limitata, e non si rendono conto che anche se rallentano perché hanno davanti un ciclista poi si ritrovano in coda allo stesso semaforo o rotonda.

Quanto alle piste ciclabili, quasi ovunque in italia manca la volontà politica e la competenza tecnica per progettarle in modo che non siano una punizione o un rischio maggiore per chi le usa, per realizzarle e mantenerle in modo che non siano in condizioni peggiori della strada, per difenderle dal parcheggio selvatico. Se non vengono usate, ci sarà un motivo.