[trad] al diavolo il lavoro, la casa ed il futuro (contro Democracia Real)

traduzione di un articolo di Pedro Garcia Olivo, ripreso da http://madrid.indymedia.org/node/17382

“Il futuro è una trappola dei politici, così come il passato è una invenzione dei preti più crudeli”
Ospedale psichiatrico della Murcia. Dichiarazione di uno schizofrenico.

Una sensibilità anticapitalista non può entusiasmarsi per le domande di “Gioventù senza futuro”: chiedono LAVORO, ovvero “alienazione lavorativa”, consenso all’estrazione di plusvalore, “prigione industriale” nelle parole di Bakunin. Esigono CASA, una “bara con finestre”, come la definì Baudelaire, che ci lega a un luogo onnivoro e ad un lavoro prostituito. Reclamano FUTURO quando, nella realtà di questo mondo, c’è avvenire solo se si seguono, per quanto in modo rivoltoso, le “istruzioni per l’uso della vita”, se si rispettano i requisiti (necessariamente vili e degradanti) delle “istruzioni per l’uso delle nostre giornate”, per ricordare un titolo di Gerorges Perec.

“Democracia Real Ya” ha ottenuto dei risultati temporanei, grazie alle sue ambiguità e ad un abile sfruttamento della razionalità politica moderna. Mi ricorda tutte le miserie della “Altra Campagna” Zapatista, che si è comportata da avvocato di una convergenza di scontenti, ignorando la frattura radicale che separa alcuni non-confromi da altri.

Perché esistono coloro che odiano il Lavoro, la Casa, ed il Futuro che viene loro offerto; e in un movimento come “Democracia Real Ya” stanno stretti. Quelli che ci sono entrati, altrettanto rapidamente se ne sono usciti.

Esistono i nemici della Democrazia Liberale, della Democrazia Rappresentativa, della Democrazia dei Partiti; persone che sognano la Democrazia Diretta, assembleare, che si è data, e in una certa misura continua a darsi, in alcuni villaggi indigeni in America Latina, Africa, Asia e nei circoli polari. Democrazia Diretta che abbiamo conosciuto anche nel nostro paese, intorno a quello che abbiamo chiamato “mondo rurale marginale”. Presto cominceranno ad abbandonare il movimento, non appena lo considereranno colpevole di demagogia “democraticista”.

Esistono gli avversari di uno “Stato di Diritto” che dalle sue origini tiene nascosta una ghigliottina nel retrobottega; gli avversari di questa “farsa sanguinaria”, nelle parole lontane di Anatole France, e in quelle più recenti di Emil Ciorán, avversari di una finzione celebrata instancabilmente dai nostri media mediocri e corrotti. Non potranno sopportare l’inflazione “civista” del nuovo discorso pseudoribelle.

E esistono coloro che detestano lo iato sociale, lo sfruttamento di classe, la subordinazione economica che si nutre precisamente di quel desiderio (indotto) di impiego, casa e futuro. Abbandoneranno una piattaforma che parla di politica e di economia, ma che rifugge il problema strutturale della dominazione sociale e dell’antitesi capitale-lavoro.

Tutte queste persone non possono andare d’accordo con lo spirito di “Democracia Real Ya”, un movimento che, per la sua indole “popoulista” (per quanto si tratti di un populismo di disaffezione e financo di risentimento), finirà per arenarsi senza rimedio sulle spiagge dell’accettazione dell’esistente, di una proposta di ottimizzazione della democrazia falsificatrice, di riforma dell’Establishment, di un vaccino attenuato che il sistema accetta dai suoi contestatori per immunizzarsi dalla critica radicale, fagocitandoli en passant. Non costerà molto alle istituzioni assimilare un feto che, nel suo discorso centrale, puzza di rigenerazione della socialdemocrazia e rivitalizzazione della società civile, con un diritto polemico e un rovescio mendicante…

Di fronte a quanti domandano Impiego (schiavitù), Casa (catene) e Futuro (automatismo esistenziale), stanno quanti aspirano all’autonomia e alla libertà personale, stigmatizzati e talvolta perseguitati da quello che Horkheimer chiamò la “polizia sociale anonima”, tacciati di “perdenti”, “disadattati” o “anti-sistema”. Pur essendo vero che a questi fondamentalmente non sottomessi, dei quali si sentirebbe compagno Diogene di Sinope, non andrà molto bene nella vita, non ho dubbi gli altri, i simulatori dello scontro e della ribellione, se la passeranno peggio: molti di loro “ce la faranno”, si sistemeranno, saranno applauditi, moriranno scioccamente le loro vite e raggiungeranno le cime di ciò che il mondo antico chiamò “idiotismo”.

2 comments ↓

#1 totò on 05.21.11 at 4:15 PM

Un bel commento, davvero.
Sarei stato d’accordo con tutto quello che hai scritto prima di partire per Barcellona. Ma ora che ho passato un mese li e mi sono trovato all’interno del movimento nel momento della sua nascita, ho da fare qualche critica.
Mi pare che hai frainteso una cosa fondamentale: Democracia Real Ya è una piattaforma, niente di più. Una piattaforma di lancio per un movimento, perdipiù efficacissima, grazie alla sua supposta “demagogia”. E questo è il primo passo. Già quelli di DRYA stanno perdendo il controllo della situazione abbastanza in fretta, perlomeno a Barcellona. La situazione si sta orientando su un orizzonte assai più radicale di quello che pensi. Ho partecipato ad una assemblea gigante dove si cercava di stabilire dei contenuti validi per il manifesto: difficilissimo mettersi d’accordo, ma poco ci mancava che i rivoluzionari prevalessero sui riformisti, avendo più argomentazioni ed essendo intellettualmente più preparati. Per questo la presenza dei compagni è essenziale per sfruttare questa breccia nella normalità che può diventare una Piazza Duomo a Milano o una Piazza del Popolo a Roma. Ma i compagni sono poco propensi all’apertura e molto propensi alla critica sterile (non mi riferisco direttamente a questo articolo), perciò dubito che anche solo ci proveranno, ad avvicinarsi. E qual è l’alternativa al non avvicinarsi? L’inazione o l’azione isolata e poco efficace. Certo bisogna fare un bello sforzo per non vomitare dopo avere letto certi commenti/manifesti, ma penso siamo tutti abbastanza intelligenti per capire che all’hic et nunc che ora dobbiamo rivolgerci

#2 hce on 05.21.11 at 4:29 PM

devo premettere – forse non sono stato abbastanza esplicito – che questo articolo non è mio, è una traduzione. all’inizio c’è il link all’originale. non lo condivido meno per questo, solo che è giusto rendere merito all’autore.

nel merito, questa era una critica specifica su DRYA, e sono confortato nel sentire che c’è altro. e penso anch’io che non sarebbe sbagliato coinvolgersi nel movimento in senso lato, perché il processo e l’esperienza di mobilitazione e discussione pubblica vale molto di più della purezza ideologica dei manifesti, e tatticamente può essere un’ottima occasione per spargere elementi di critica all’esistente che vadano un pò oltre la socialdemocrazia o la religione civica, ora che il terreno è fertile.

c’è un contagio di ribellione che rimbalza intorno al mediterraneo. in itaglia siamo più disillusi, proiettati fuori dal nostro territorio e dallo spazio mediatico pubblico, e ci potrebbe volere ancora del tempo prima che prenda fuoco anche qui. ma.