no justice no peace (e per ora sono parole)

Non stupisce che le contestazioni pubbliche siano un terribile spauracchio per gli eletti. Hanno paura la fisicità della piazza, dell’autodeterminazione di chi non hanno comprato o comunque sotto ricatto. E non si fermano nemmeno davanti al paradosso di chiamare antidemocratico quello che sarebbe un semplice esercizio dei diritti di espressione che proprio la democrazia dovrebbe garantire.

È per loro intollerabile l’essere confrontati con l’irrealtà del proprio discorso politico, ad esempio con l’elementare osservazione che un sindacato che lavora per i padroni non è gradito ai lavoratori.

E allora ad un pezzo consistente della popolazione si minano le basi della sopravvivenza economica, si nega il diritto di rappresentanza, l’accesso all’informazione e ai media, la possibilità stessa di esistere, e questo viene chiamato “processo democratico”. E questi inspiegabilmente talvolta reagiscono.