una stereotipa contraddizione tra sentimento e ragione

odio quando il popolo si fa folla festante accumunata dall’unico sentore
di ascella dentro maglietta sintetica a colori nazionali. o di club.
di troppa birra bevuta o rovesciata addosso
cioè, i mondiali, i campionati le coppe e le coppette.

odio la nazione e tutto ciò che ne deriva, i clacson le bandiere le sciarpe i gagliardetti, il calcio da guardare, la tivù, il geniale cortocircuito "forzaitalia", quelli di sinistra che tifano facendo gli intellettuali o i ggiovani, quelli di destra (quasi sempre), i caroselli in auto con i culi (molli) a cavallo delle portiere, occasioni di piccoli regolamenti di conti etnici, le piccole guerre tra poveri a colpi di calciatori strapagati, la fede in una squadra, che la odio come qualsiasi fede, il substrato su cui viene coltivati i neofascisti… insomma, un pò tutto stò baraccone lo odio. la massificazione dell’individuo, la perdita di stile e di ritegno, la distrazione collettiva

uno dei peggiori modi di rubare tempo al proprio datore di lavoro, anche

eppure, quando poi sono tutti fuori a festeggiare ubriacare abbracciarsi, magari anche tra gente che per un motivo o per l’altro di solito di guardano in cagnesco, la sensazione di pancia non è mica male. che poi delle volte ci scappa anche qualche allegro vandalismo non del tutto inutile.

bah, sono strani questi umani!