il lavoro, quella cosa per cui ti pagano

il lavoro, attività retribuita.
una relazione commerciale, per cui tu fai delle cose che non faresti spontaneamente, rispondendo alle esigenze ed agli ordini di qualcun’altro, e in cambio ottieni dei soldi.
questa è l’essenza della relazione lavorativa.
(
da non trascurare il fatto che i soldi difficilmente li usi per soddisfare i tuoi bisogni. è più probabile che li usi per soddisfare il bisogno di qualcuno di venderti qualcosa).

poi è naturale che chi ha qualche potere contrattuale, e quindi più di una possibilità lavorativa tra cui scegliere, faccia questa scelta prendendo in considerazione le varie possibilità e valutando diversi aspetti, tra cui anche la soddisfazione che si prova per un lavoro ben fatto, o l’impressione di fare qualcosa di utile.

è vero che queste cose esistono, e che fanno bene.
è giusto dargli un peso nella scelta del lavoro, ma questo non deve far dimenticare la sostanza della relazione lavorativa:
soldi in cambio delle tue energie, della tua libertà di azione e di pensiero.

e per questo non ci sono scappatoie. dal cottimista all’artista che ha "piena libertà", dal precario di callcenter al barone universitario, dall’imbonitore di fiera che vende pentole intortando la gente all’artista di successo che può imporre le sue condizioni alle case discografiche e per questo dice di essere indipendente, tutti quelli che dipendono dal proprio lavoro per la sopravvivenza devono adeguare la propria attività lavorativa ad esigenze che non sono le proprie.

e che non sono nemmeno l’interesse generale:
tutti quelli che lavorano si adeguano ad esigenze di profitto, che siano quelle del padrone o che si sia "il padrone di se stesso", ovvero che a sfruttarci sia qualcun’altro o che ci sfruttiamo da soli.

beh, un errore comune è confondere gli effetti collaterali positivi del lavoro, la umana soddisfazione per le cose fatte, che sono comunque effetti collaterali di una relazione servile, con la relazione stessa.

se lavori per campare sei uno schiavo.
io lavoro per campare, quindi sono uno schiavo.

(non dei più sfigati, forse, ma pur sempre uno schiavo)

un libro illuminante su questo è nowtopia che, dopo aver raccontato molto estesamente questo concetto, illustra una serie di resistenze a questa condizione, basate sul fare nella propria vita due lavori: uno per il sostentamento materiale, vissuto come tale senza sovrastrutture ideologiche, e l’altro per fare quello che si desidera.
tipicamente, si tratta di attività che hanno una aspetto sociale, nella condivisione delle conoscenze se non nella pratica, una sperimentazione pratica e radicale con le tecnologie, una solida consapevolezza del (mal)funzionamento della "civiltà occidentale" alle spalle.

PS: se come me sei un privilegiato che ha qualche possibilità di scelta, e pensi che questo discorso non ti riguarda, ricordati che la tua condizione di privilegio è frutto di una combinazione di:

  1. opportunità che hai avuto grazie al potere economico, alla
    cultura e all’ambiente umano della tua famiglia e delle persone che ti
    hanno supportato nella crescita (la crescita come unità di produzione, che non è granché correlata con la crescita come persona)
  2. qualità umane "innate",ovvero riconducibili alla ricombinazione
    casuale dei geni, e delle persone che portavano a spasso questi geni
  3. culo (o se vuoi caso, fortuna, fato, statistica…)
  4. quanto sei stato e sei disposto a sacrificare per ottenere vantaggi materiali (dignità, etica, identità, stile, integrità psicofisica, libertà di usare il tempo libero con le persone e le attività che preferisci, libertà di fare sesso con le persone che preferisci, onestà,…)
  5. esserti formato delle competenze, ad esempio studiando o lavorando,
    ma comunque a spese di una giovinezza che avrebbe potuto essere più
    divertente.

tutti questi fattori tranne gli utlimi due sono sostanzialmente casuali.
l’ultimo significa che hai iniziato presto a fare dei "buoni investimenti"
pensando non alle tue esigenze ma a quelle di potenziali datori di
lavoro.
ovvero, quando hai preso il primo stipendio stavi già lavorando da anni in una relazione servile.
il penultimo significa che la tua giornata lavorativa, nel senso di subordinazione ad una relazione servile, assomiglia più a 24 ore che a 8 ore.

quindi,
considera che con una diversa ricombinazione di fattori casuali avresti
potuto avere molte meno scelte di quante ne hai ora, percui non puoi basare la tua analisi della relazione lavorativa sulla tua condizione individuale.
per capire bene la tua condizione di schiavo del salario, prova a pensare che non ti ci vorrebbe molto ad essere stato – o a diventare – uno che per ore chiama la gente per proporgli delle colossali minchiate, e si prende dei comprensibili vaffanculi, un minatore di uranio in congo, uno scaricatore di pesce o chissà che altro.

è una esperienza concettuale interessante.