l’occasione. anzi no, un ricordo nodale.

prima ancora di quando sono uscito dalla chiesa, me ne sovviene un’altra: il tifo (nel senso "sportivo").

quando avevo 13 anni, rimasi sveglio oltre il mio solito orario a guardare da solo la partita. finale di coppa dei campioni. juventus (allora era "lammiasqquaddra") contro liverpool.

il risultato: -39 per il genere umano.
non mi ricordo tanto del giorno dopo. ho un vago sentore di averci messo del tempo a metabolizzare la notizia, come mi capita ancora quando ho una notizia pesante da metabolizzare. mi rivedo all’uscita da scuola a parlarne, capire dalle voci degli altri studenti che quelli erano fatti e non i miei incubi. non credo di aver pianto. non ho mai saputo farlo quando ne valeva davvero la pena. però ho provato un profondo senso di rifiuto per tutto ciò che si poteva associare a quella serata da idioti. e da allora non ho più avuto una mia squadra di calcio. e sono diventato ancora più diffidente verso gli umani, specie se in branco. il che aiuta molto a diventare un ancora più asociale, o quantomeno uno dalle relazioni sociali estremamente selettive e che si lascia coinvolgere difficilmente e mai del tutto.

convenzionalmente, possiamo collocare qui la perdita di tante ingenuità.
io non so come voi abbiate scoperto quanto sia fragile l’essere umano. soprattutto, quanto sia fragile di fronte ai suoi simili ed alle sue creature. e in ultima analisi di fronte all’ingordigia dei suoi simili.

ne vogliamo fare una analisi politica? ebbene si, facciamone una analisi politica. a me piacciono le analisi politiche. basta che non le faccia qualcuno che abbia meno di tre gradi di separazione dal parlamento e dai media itagliani.

e allora il potere economico del calcio, che impone fenomeni di massa e se ne fotte delle regole di sicurezza. e fin qui nulla di diverso dalla tyssen-kroup.
ma di più: il calcio come strumento di manipolazione del consenso, come vettore di agitazione di folle apparentemente incontrollabili e caotiche, come argine in cui incanalare le pulsioni potenzialmente politiche e sociali della fascia più insoddisfatta della popolazione in violenza priva di qualsiasi effetto sull’ordine della società, il calcio come laboratorio di violenza di piazza (quanto ha funzionato bene a genova?).

beh, da tutte queste cose mi sono tirato fuori. e visto che ci sono dei bei motivi se l’ho fatto, faccio fatica ad accettare che le  persone con cui passo del tempo ne siano affette.

e questo apre un discorso difficile. il limite di questo mio ricorrente allonanamento, seppur da cose che meritano di essere allontanate, è l’elitismo, il rischio di tagliare fuori anche cose buone, l’abitudine (a stare contro, dando per scontato sulla base delle esperienze che quello che fanno tutti sia una minchiata). e questo non si risolve, ci si convive e si fanno compromessi per evitare l’eremitaggio.