la butta lì en passant, la maestrina sul pisello:
Se un insegnante vuol far politica deve uscire dalla scuola e farsi eleggere.
ovviamente il discorso vale per tutti: se vuoi fare politica non puoi agire sulla tua realtà quotidiana, devi farti eleggere.
perché secondo lei l’unico modo socialmente accettabile per agire sulla propria realtà è… aspettare il turno, pagare, compromettersi, perdere tempo…. in una parola, farsi eleggere. cioè, visto che un papino che ti nomina non ce l’hanno tutti, e di certo non gli insegnanti che vorrebbero fare bene il proprio lavoro a prescindere dalle farneticazioni del ministro di turno, quello che devi fare è perdere tempo, energie e buonumore, riconoscere il baraccone della rappresentanza, e non spostare di una virgola l’esistente. wow!
e attenzione che questa affermazione non è una delle cose che le preme di dire, un elemento del dibattito: è una frasetta che butta lì come premessa per lamentarsi dello scarso seguito di cui gode tra le maestranze. e lì stà la fregatura: se una frase stà nel capitolo "premesse" non vuol per forza dire che sia una banalità, anzi forse è l’affermazione più grave di tutta l’intervista.
siamo ancora alla retorica del differimento della soddisfazione: se non accetto lo stato di cose esistente, la mia pulsione è agire per cambiarlo in questo luogo e adesso. e quindi ignorare le direttive, rubare tempo, lavorare come sei convito che si debba fare, creare socialità e complicità con i colleghi, organizzarti.
S A B O T A R E